Nel 2007 fu presentato il primo iPhone, che probabilmente all’epoca venne considerato come la più grande rivoluzione degli ultimi decenni, se non secoli.

Steve Jobs
Giusto per intenderci, oggi sarebbe più saggio limitarsi a dire che l’iPhone fu la più grande rivoluzione del solo 2007.
Tutto oramai risulta futile e volatile. Ogni cosa serve per il suo scopo e poi scompare.
Con l’avvento della “rivoluzione informatica”, in tantissimi hanno cominciato a studiare come programmare software e costruire computer il più potenti possibile. Non a caso il mondo digitale negli ultimi anni ha potuto subire una crescita esponenziale, che gli ha permesso di passare dall’iPhone del 2007, alle nuove super AI (artificial intelligence).

Mark Zuckerberg
Pochi giorni fa Mark Zuckerberg, imprenditore miliardario, amministratore delegato di Facebook e tante altre belle cose, ha parlato brevemente in un video postato, come se fosse tutto normale, del fatto che lui e la sua azienda stanno continuando a lavorare (e stanno procedendo a gonfie vele) per creare un’AI più intelligente del più intelligente degli uomini. Pazzesco.
Si dirà, come sempre: “Eh sì, ma dipende da cosa si intende per -intelligenza- “
In realtà no. Sarà più intelligente degli uomini, punto.

Gorgia
Poi, se per intelligenza intendiamo la creatività o cose del genere, allora vi potrei rispondere come vi avrebbe risposto Gorgia, il retore dell’antica Grecia, dicendo che in realtà se io mi presento nel modo corretto, con un discorso accurato, senza sapere nulla di medicina, agli occhi di una folla risulterò più intelligente di un medico, nel suo stesso campo. Quindi l’intelligenza è relativa al modo in cui la si applica, e queste nuove AI applicheranno la loro intelligenza nel modo più efficace possibile.
Mi ricordo, e a ripensarci mi viene il sorriso, che in terza media avevano esaminato le conoscenze in ambito informatico di alcuni miei compagni di classe, facendogli fare un piccolo esame sperimentale su alcune applicazioni, come per esempio Excel, per verificare se sapessero usarle.

Quell’esame aveva lo scopo di raccogliere dati dalle scuole italiane per capire quanto gli studenti fossero preparati in ambito informatico. Ma la cosa più divertente è che probabilmente oggi quei dati non hanno più valore, in quanto si potrebbe tranquillamente chiedere a un’AI di farci una presentazione efficace e abbiamo risolto il problema.
Questo per far intendere quanto sono cambiati, in pochissimi anni, i parametri delle skills richieste in ambito lavorativo.
Questa rivoluzione è quindi una cosa positiva o negativa, però?

Il solo fatto che queste AI ci aiuteranno a curare una moltitudine di malattie, che tutti i giorni causano la morte di centinaia di migliaia di persone innocenti, dovrebbe già farci pensare che sia una cosa positiva, ma ovviamente è giusto anche preoccuparsi degli aspetti negativi.
In ambito lavorativo, per esempio, molte persone rischieranno di perdere il lavoro. È anche vero però, che queste AI offriranno tante nuove possibilità, e nuovi mondi si apriranno. Si potranno fare tante cose che prima si faticavano a fare, evitando di dover svolgere mansioni noiose e ripetitive, cercando invece nuovi escamotage per utilizzare l’AI a nostro vantaggio. Ma analizziamo anche altri aspetti.
L’arte: che fine farà?
Esistono già alcune AI in grado di replicare la voce umana, altre che sono in grado di generare testi e altre ancora che sono in grado di generare melodie. Prendiamo l’esempio forse più banale: la musica.

Come faranno adesso i poveri cantanti, che si troveranno a scontrarsi con delle intelligentissime AI in grado di generare canzoni molto più apprezzabili, secondo i canoni di “bellezza”, dalla maggioranza del pubblico? Resteranno senza vendere più neanche un disco?
È possibile, è possibile che succeda. Ma è sbagliato? Da che mondo è mondo, esistono cantanti di successo e cantanti meno di successo. La cosa che forse non è chiara è il motivo per cui si produce arte. Non esiste l’arte migliore o l’arte peggiore. Un cantante non è un artista solo se vende dischi. Probabilmente il vendere dischi è la parte più materialistica e rozza dell’arte di produrre canzoni. La nostra arte, per renderci felici, non deve soddisfare gli altri, deve soddisfare noi. È per questo che la facciamo, per liberare lo spirito umano che abbiamo dentro, esprimendo gioia, sofferenza, tristezza, passione; in generale per esprimere la grande meraviglia che il mondo genera dentro di noi. L’arte è una cosa grandissima e bellissima. Il fatto che tra qualche anno ci saranno tante AI che impediranno ai musicisti di vendere i loro dischi, o agli scrittori di vendere i loro libri, o ai pittori di vendere i loro quadri, non ci dovrebbe in realtà, a parer mio, importare più di tanto. Perché questa è solo una piccola parte dell’arte, arte che non ci potrà mai essere tolta. Perché l’arte è un bambinesco tentativo di esprimere con il corpo l’essenza della nostra anima. E sinché saremo vivi nessuna AI potrà separarci dalla nostra anima.
Forse.



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