Viviamo in un’epoca in cui, credo sia capitato a tutti noi, spesso sentiamo dire che è inutile andare a votare, impegnarsi attivamente per le nostre comunità, iscriversi a un partito politico o semplicemente informarsi sull’attualità perché tanto nulla cambierà veramente e ogni sforzo per migliorare la società sarà vano. È notizia recente che, secondo un sondaggio condotto negli ultimi tempi, per più di due terzi degli italiani il declino del nostro paese è irreversibile e si verificheranno in futuro sommosse sociali legate proprio all’impoverimento generalizzato che ci attenderebbe. Allo stesso tempo, il tasso di partecipazione alla vita politica e, in generale, collettiva è ai minimi storici. Questi dati ci devono sicuramente far riflettere  sui motivi di un tale sconforto e una tale disaffezione. Possiamo senza dubbio attribuire una grande responsabilità all’inconcludenza degli ultimi decenni della politica italiana, incapaci di dare segnali di vero cambiamento ai cittadini. 

Tuttavia credo ci sia anche un altro elemento: stiamo perdendo attaccamento verso la società perché non la consideriamo più nostra. Anzi, troppo spesso la consideriamo, più che la nostra casa, un impedimento e una limitazione alla nostra libertà. Questo accade perché consideriamo la libertà solo come totale assenza di limitazioni e gerarchie. Non a caso negli ultimi anni abbiamo visto l’ascesa al potere di chi sosteneva la libertà di portare armi, la libertà di farsi giustizia da soli, la libertà di non fare il lockdown ma anche la libertà di non lavorare e di non studiare, e si potrebbero fare ancora tanti esempi.

Insomma, abbiamo perso totalmente l’idea che possa esistere una libertà positiva, ottenuta tramite la partecipazione attiva alla vita delle nostre comunità e nella definizione collettiva della direzione che vogliamo dare alla società, ma pensiamo che la libertà possa essere solo negativa, cioè assenza totale di vincoli e costrizioni, anche quando la loro utilità è palese. A tal proposito mi viene in mente una canzone del grande Giorgio Gaber, chiamata appunto “La Libertà”. Il cantautore milanese ci dice che:

“La libertà non è star sopra un albero

Non è neanche il volo di un moscone

La libertà non è uno spazio libero”

ma si concretizza invece nella vita attiva, nella volontà di cambiare la nostra società:

“Libertà è partecipazione”.

Il grande cantautore Giorgio Gaber.

Credo che queste parole siano assolutamente veritiere. Come possiamo pensare che le cose possano migliorare, se quando vanno male ci chiudiamo nel nostro orticello invece di impegnarci attivamente, anche cercando di superare ostacoli che sembrano insuperabili, per cambiarle?

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