La storia della lotta contro la mafia è ricca di eroi e martiri, ricordiamo Peppino Impastato, Pio la Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Rosario Livatino, Giovanni Falcone e tanti altri, ma uno dei più tristemente famosi è Paolo Borsellino.
Nato il 19 Gennaio 1940 a Palermo, Borsellino ha prima frequentato il Liceo Classico e poi la Facoltà di Giurisprudenza nella sua città natale, laureandosi con 110 e lode. Nel 1965 venne assegnato alla sezione civile del tribunale di Enna: era il più giovane magistrato d’Italia. Nel 1975 venne definitivamente trasferito a Palermo, dove iniziò le sue indagini contro Cosa Nostra, la principale mafia siciliana, appoggiato da altri giudici e magistrati. Ricordiamo tra questi Rocco Chinnici, il quale istituì il “Pool antimafia”, un gruppo di magistrati, tra cui Borsellino e Falcone, che collaborarono per contrastare la mafia, che in quegli anni infettava la Sicilia come una malattia. Nel 1986 iniziò il maxiprocesso organizzato dal Pool che vide coinvolti 475 indagati e si concluse nel dicembre del 1987 con 342 condanne. Nel 1987 Antonino Caponnetto (a capo del Pool antimafia dall’83 dopo la morte di Chinnici per mano della mafia) lasciò il Pool e ciò portò ad un graduale scioglimento del gruppo. Cionostante Borsellino continuò la sua crociata contro la criminalità organizzata, rilasciando diverse interviste e restando una spina nel fianco di Cosa Nostra, ma questo lo portò ad essere preso di mira dalla mafia, che iniziava già a pianificare i primi attentati. Per questa ragione sia a Borsellino che a Falcone fu affidata una scorta. Nonostante la scorta, Borsellino venne ucciso il 19 luglio 1992 da un’esplosione nella cosiddetta Strage di via D’Amelio, 57 giorni dopo dalla morte di Falcone nella Strage di Capaci.

Paolo Borsellino era un uomo che ha lottato strenuamente contro la mafia e per lui il vero segreto per contrastare la mafia erano i giovani. A testimonianza di ciò abbiamo anche una sua celebre frase: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”. Questo punto è fondamentale: la mafia ha bisogno del consenso e dell’appoggio dei giovani per svolgere i propri affari, altrimenti non va avanti, non sopravvive. Nella mattina del 19 Luglio 1992, alcune ore prima dell’attentato, Borsellino scrisse: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Ai boss mafiosi non importa del bene o della salute dei loro sottoposti, dei ragazzi, si preoccupano solo di avere il loro consenso, il loro appoggio, per poter proseguire con i loro affari. Personalmente penso sempre ai clan mafiosi come dei piccoli stati all’interno dell’Italia, degli stati dentro lo Stato. Le mafie hanno dei capi, delle leggi, delle tradizioni, un territorio e un “popolo”, come l’Italia; ma allora qual è la differenza? La mafia opera per il proprio interesse, per il proprio profitto, mentre lo Stato mette il bene comune, il bene degli Italiani, al primo posto. E questa differenza bisogna mantenerla ben a mente, perché, seppur gli omicidi su stampo mafioso siano drasticamente calati dagli anni ‘90, la mafia è ancora presente in Italia e noi abbiamo il DOVERE di negarle il consenso, perché c’è chi ha dato la vita per combatterla.



Lascia un commento