Qualche giorno fa, curiosando fra gli scaffali della libreria di mio padre, mi sono imbattuto in uno libro che ha catturato la mia attenzione, “L’Italia della Repubblica” di Indro Montanelli e Mario Cervi, due importantissimi giornalisti del Novecento italiano. Appassionato da sempre di politica e storia moderna e contemporanea, non ho potuto fare a meno di incuriosirmi di un volume che racconta come il popolo italiano scelse di lasciarsi alle spalle la monarchia e gettare le basi della nostra Repubblica.
L’ITALIA ALL’INDOMANI DELLA GUERRA
Finita la seconda guerra mondiale, il nostro paese si trovava a pezzi. Entrato in conflitto nel 1940 dalla parte sbagliata, quella dei nazisti e dei giapponesi, aveva subito due anni di occupazione del Nord e del Centro da parte dell’esercito tedesco, spalleggiato dai fascisti di Mussolini che avevano messo in piedi lo stato fantoccio della Repubblica Sociale Italiana (per saperne di più, potete cliccare qui). La guerra aveva lasciato un disastro immane, e gli italiani rimasti quasi o del tutto senza niente erano la maggioranza. Nonostante ciò, l’atmosfera era carica della vitalità di chi vuole riscattarsi dopo anni di miseria, e questo si rifletteva anche sulla vita politica della nostra Nazione, febbrile e partecipata come mai più.

LE CREPE DELLA MONARCHIA
L’immagine dell’allora Re, Vittorio Emanuele III, era del tutto compromessa a causa dei suoi legami col fascismo, e i suoi poteri erano stati conferiti a suo figlio Umberto II. Le sinistre, ovvero i comunisti e i socialisti, all’epoca molto forti e col vento in poppa, accompagnate anche da altre formazioni, propendevano per una riforma in senso repubblicano dello Stato: si profilava il momento in cui si sarebbe dovuta fare la scelta fatidica fra monarchia e repubblica.

IL REFERENDUM DEL 2 GIUGNO
Fu deliberato che il 2 giugno 1946 si sarebbero tenuti un referendum che avrebbe fatto scegliere ai cittadini la forma istituzionale dello Stato e l’elezione dell’Assemblea costituente, il parlamento che avrebbe scritto e approvato la nostra Costituzione. Il clima che precedeva questo appuntamento elettorale era particolarmente concitato: si verificarono scontri e tafferugli un po’in tutta la penisola. Il responso fu chiaro: gli Italiani scelsero la Repubblica, sebbene con un margine non amplissimo di voti. Non mancarono polemiche su alcuni aspetti procedurali della consultazione, e il Governo presieduto da Alcide de Gasperi forzò la mano al Re per ottenere che passasse i suoi poteri al Presidente del Consiglio. La Repubblica era ormai irreversibile.

LA COSTITUENTE
Le elezioni per la Costituente videro l’affermazione di tre partiti principali: la Democrazia Cristiana, partito moderato di ispirazione cristiano-democratica che giocherà un ruolo importantissimo e centrale nella storia della nostra Repubblica fino al 1994, guidato allora dal Presidente de Gasperi, prese il 35% dei voti, e i partiti socialista e comunista che presero in tutto circa il 40% dei voti. Si delineò dunque una situazione di equilibrio all’interno dell’assemblea, la quale redasse una Costituzione fondata soprattutto sull’incontro fra le concezioni politiche della Democrazia Cristiana e il marxismo di socialisti e comunisti, col concorso non indifferente delle forze laiche (come repubblicani, liberali, socialdemocratici) e basata sulla concezione di uno stato capace di intervenire nella società per garantire a tutti i cittadini tre principali diritti sociali: un lavoro dignitoso, un’istruzione gratuita e un’assistenza sanitaria universale.

L’uomo all’estrema sinistra della foto è il Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi.
P.S. Nei prossimi giorni scriverò su come l’Italia nel 1948 abbia compiuto un’altra importante scelta di campo, quella che la collocò definitivamente fra le democrazie liberali dell’Occidente, contrapposto allora al blocco sovietico. Se questi articoli vi piaceranno, potrei scriverne anche altri sulla storia della nostra Repubblica.



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