“A Cesenatico si faticò l’intiera notte per effettuare la sortita dei bragozzi (…). Anita, seduta l’intiera notte su di un sasso, contemplava dolorosamente gli sforzi da me fatti per ottenere l’intento!”
L’eroe dei due mondi

Siamo dunque giunti alla seconda e ultima parte della storia del Porto Canale. Questa volta ci dedicheremo in particolare alla fuga di Garibaldi da Cesenatico, e alle cause e le conseguenze di questo avvenimento.

Torniamo nel 1849. Gli austriaci stavano assediando la città di Venezia che, in difficoltà, aveva chiesto aiuto al grande condottiero Garibaldi. Costui, già in fuga dai francesi, arrivò a Cesenatico nella notte tra l’1 e il 2 di agosto.

Giunto nei pressi del porto canale, per prima cosa colse di sorpresa e disarmò alcuni soldati austriaci che lì alloggiavano. Poi requisì ben tredici imbarcazioni, e anche alcuni cittadini che potessero aiutarlo a governarle. Quella fu una notte difficile per l’eroe dei due mondi: il mare era mosso, e le persone lavoravano a stento. Garibaldi ci racconta, attraverso i suoi appunti, che dovette fare molta fatica per convincere tutti a lavorare efficientemente, ma le persone non lo volevano aiutare. Alla fine comunque, la mattina del 2 agosto, si riuscì a partire, e le navi lasciarono il porto canale.

Un esempio di bragozzo, la nave utilizzata nella fuga da Garibaldi

Stava viaggiando verso Venezia quando, all’altezza del delta del Po, la flotta cesenaticense incontrò una flotta austriaca. Come fare? Le navi austriache bombardavano quelle di Garibaldi, che dovette prendere una decisione importante avendo però poco tempo a disposizione. Ma noi lo sappiamo: lui è stato uno dei più grandi condottieri della storia; infatti, una buona idea non tardò a venirgli in mente.

La strategia era la seguente: fingere di separare la sua flotta, facendo virare metà delle navi di qualche grado verso destra, e l’altra metà qualche grado verso sinistra. In questo modo, per evitare di lasciarsele sfuggire, anche gli austriaci si sarebbero divisi in due gruppi, allargandosi e lasciando così una via libera in mezzo a loro. A questo punto Garibaldi avrebbe dato l’ordine alla sua flotta di riunirsi e di passare nella via libera creatasi tra le navi nemiche. Passando in mezzo a loro, gli austriaci non avrebbero potuto bombardarli con delle cannonate, perché avrebbero rischiato di colpirsi da soli. Così la flotta cesenaticense avrebbe superato quella austriaca, e si sarebbe trovata la strada davanti completamente libera.

Un piano del genere sarebbe stato perfetto. Purtroppo però, conta sempre anche un secondo fattore, oltre a quello della bravura: la fortuna.

Improvvisamente iniziò a soffiare un forte vento, nella direzione opposta rispetto a quella della flotta di Garibaldi. I pescatori cesenaticensi, che stavano remando, non erano affatto abituati a dover utilizzare così tanta forza per navigare. La fatica, più la situazione difficile data dalla presenza di navi nemiche, fecero andare nel panico alcune persone, le quali smisero di remare. Molte navi vennero colpite dalle cannonate e affondarono. Altre invece, intimorite da quello che stava succedendo, avevano deciso di indietreggiare.

Garibaldi avrebbe potuto decidere, con un comando, di procedere con il piano. Ma vedendo la paura negli occhi dei suoi uomini, i quali non erano abituati a stare in un campo di battaglia, ebbe pietà di loro e li seguì nella fuga. Alla fine, grazie ad una serie di manovre geniali, cinque navi, tra queste quella del condottiero, riuscirono ad approdare sulla terra ferma. Le altre otto invece affondarono.

Questo episodio, oltre a raccontarci un aneddoto sulla città di Cesenatico, ci aiuta anche a conoscere meglio il personaggio di Garibaldi. Questa storia ci insegna che, forse, per essere dei grandi condottieri, non bisogna solamente essere militarmente intelligenti, ma bisogna anche sapersi guadagnare la fiducia dei propri uomini, riuscendo a leggere le loro emozioni e i loro sentimenti, riuscendo a riconoscere il momento in cui è giusto ritirarsi.

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